La ceramica, dal greco "keramiké (tékhne)" (arte della lavorazione delle argille) è sostanzialmente un impasto di argilla (créta) e di altre sostanze. Questa è una roccia sedimentaria clastica pelitica, costituita da una parte sabbiosa a grana finissima (granuli di quarzo e muscovite) e da un cemento dove abbondano i minerali argillosi (caolinite, ecc.), con la caratteristica plasticità e capacità di assorbire acqua.
Le fasi della realizzazione di una ceramica sono:
Foggiatura;
Cottura a 920°;
Smaltatura;
Decorazione;
Cottura a 950°.


I prodotti ceramici costituiscono una delle testimonianze materiali più cospicue delle antiche civiltà urbane.
Le origini della ceramica risalgono al neolitico e sono collegate al sorgere della tecnica dell'agricoltura. Diffusa in tutto il mondo, la ceramica diventa arte, a partire dal medioevo, soprattutto in Italia e, in special modo, a Cerreto Sannita, località dove abbonda l'argilla fornita da due vicini torrenti, località che ha anche il pregio di essere "Città di fondazione". CERRETO SANNITA è un paese di circa 5000 abitanti, costruito in pochissimi anni. Fu probabilmente G. B. Manna (o Manni) l'architetto che ebbe l'incarico di riedificare la città (" di fondazione", quindi, come Noto e Pienza), in base ad una pianta regolare, con cardini e decumani che hanno il loro punto di fuga sempre su di uno scenario naturale o artificiale
CITTA' PENSATA, dunque, il cui progetto sfrutta in gran parte la collaudata esperienza funzionale e formale del sistema ortogonale, arricchita però di tutte quelle sottigliezze che la normativa urbanistica poteva suggerire per assegnare lotti secondo gerarchie precise, portando a un più stretto contatto l'interazione tra spazio urbano e qualità architettonica e utilizzando l'efficacia scenografica della distribuzione su diversi livelli altimetrici Una calamità naturale creò l'occasione storica: il 5 giugno 1688 un violento terremoto rase al suolo la vecchia città medioevale che fu contea della potente famiglia dei Sanframondo, per poi passare nel 1438 sotto il dominio dei Carafa di Maddaloni che la tennero fino all'eversione della feudalità, nel 1806. Fu proprio sotto i Carafa che ebbe inizio la grande ricostruzione; lasciato il precedente sito medioevale, la città venne rifondata più a valle con un progetto realizzato per decreto di Marzio Carafa, VII Duca di Maddaloni e X Conte di Cerreto, concordato in pieno con la Chiesa nella figura del Vescovo del tempo, De Bellis. Progettata dall'architetto G.B. MANNI, la nuova Cerreto è frutto di una ricostruzione che sfrutta l'esperienza funzionale del sistema ortogonale e che, organizzando la struttura urbanistica con lotti disposti secondo precise gerarchie, realizza una scenografia prospettica unica nel suo genere. Isolati a spina, a corte e a blocco compongono l'andamento di una città che oggi conserva la pulizia urbanistica del Settecento, priva di mura di difesa e di scale. Un grande amore dovette animare le mani di ceramisti, di maestri scalpellini, di muratori, di stuccatori che dal regno di Napoli arrivarono in massa ad arricchire la città. L'antica Ceritum che Livio ricorda negli scritti sulla seconda guerra punica, diventò ben presto luogo di bellezza e di cultura. La ceramica in primis che raccoglie elementi di quella napoletana, abruzzese e pugliese, esplose nel floreale in armonia con la linea architettonica degli edifici e in particolare con quella dei pavimenti delle chiese. Arrivarono artisti come lo Scarano, il Marchitto e il mitico Nicola Giustiniani che portò nella città l'esperienza di Capodimonte. Un'esperienza unica, miracolosamente protetta nel tempo e che si mantiene intatta per il visitatore. E' inoltre, aperto il Museo Civico della Ceramica in una sezione ristrutturata del Municipio e che raccoglie, per ora, un centinaio di opere straordinarie. Insomma, anche andando per chiese, la ceramica e la maiolica - c'è da dire che le acquasantiere cerretesi sono famose in tutto il mondo- testimoniano la capacità e la grande vitalità artistica di questo paese, dove le botteghe, che espongono pezzi d'arte, sono molte e offrono un vasto assortimento di pezzi moderni e/o "ad imitazione" di quelli antichi..
E' noto che la manipolazione dell'argilla è nata con l'uomo, in connessione ai suoi bisogni esistenziali. Ora, poiché nell'attività dell'uomo, artista nell'animo, è difficile discernere il momento estetico da quello puramente esistenziale, non crediamo sia possibile stabilire, in dimensione strettamente cronologica, quando a Cerreto, come del resto altrove, l'attività del vasaio sia divenuta momento d'arte. E' certo, invece, che la ceramica cerretese sorge e si sviluppa nel contesto dell'arte figulina popolare campana. Affonda, perciò, nelle stesse radici e ne subisce i medesimi influssi: da quelli micenei databili, forse, alla fine del XV sec. a. C., prima, quindi, della colonizzazione greca della Campania, a quelli attici, osco-sanniti, egipto-copti, bizantini e musulmani.
In realtà, l'influsso musulmano si fece notevolmente sentire anche in questa zona soggetta, specie durante il IX secolo, a frequenti attacchi dei Saraceni che, guidati da emiri come Nassar e Sawdan e profittando della guerra di successione longobarda infuriante nel ducato di Benevento, ebbero nel gastaldato di Telese prolungata dimora.
Frutto dell'incontro tra la civiltà cristiana e quella musulmana fu una ceramica che il Donatone ha proposto di chiamare "parteno-araba", nello svolgimento della quale Napoli avrebbe avuto un ruolo importante con la conseguente diffusione nel centro-nord della già sperimentata tecnica di invetriatura stannifera.
La manifattura viene effettuata in botteghe costituite da vani terranei, a volte autentiche grotte scavate nel tufo ove sono le vasche per la decantazione dell'argilla e da ambienti più vasti in cui sono sistemati i torni.
E le fornaci? Sono rudimentali, a gran fuoco, spesso soggette a crollare o ad incendiarsi. Perciò sono sovrastate da una piastrella maiolicata raffigurante S.Antonio Abate (Sant'Antuono), il santo eremita già tanto caro ai ceramisti copti e da essi passato nella devozione dei nostri artigiani che lo ritennero loro protettore.
Ecco una simpatica relazione in rima di un anonimo governatore di Cerreto del Seicento
Orsù passiamo alle fornaci
e lor botteghe ove si fan le crete
che son d'ogni lode inver capaci...
Poco d'ivi lontano è la Faenza
cioé dove si fanno i vasi bianchi
e dipinti con somma diligenza.
Voi vedreste lavor sì fini e franchi
che se fosse di creta di Savona.
In questa bottega-sacrario il mastro opera custodendo gelosamente il segreto sui particolari procedimenti che esperimenta giorno per giorno e che possono portarlo al successo, in concorrenza con gli altri. Anche i giovani apprendisti, per lo più famigliari, sono tenuti al segreto.
Quest'arte rifiorì dopo il disastroso terremoto del 1688 che rase al suolo in pochi istanti l'operosa cittadina sannita e la fioritura fu strettamente connessa al clima di intensa attività artistica della Napoli barocca. Agli inizi del '700, infatti, giunsero a Cerreto Sannita, come si rileva dai catasti onciari, molti operai in cerca di lavoro e tra essi i ceramisti napoletani Antonio e Domenico Giustiniani e Tommaso Marchitto, del quale lo storico arcidiacono di Cerreto -Nicola Rotondi- ammirava la specializzazione in vasi ad imitazione greca ed etrusca. Le loro opere sono oggi visibili grazie alla passione ed alla sensibilità di collezionisti privati. E' interessante anche visitare le collezioni del Museo Storico del Sannio e del Museo della Ceramica Cerretese, nonché nella vicina S. Lorenzello. Anfore, boccali, lucerne mascheroni per fontane, mattonelle per campanili, otri, piatti di uso comune, statuette per presepe, vasi farmaceutici e per la raccolta dell'ulivo. Di eccezionale bellezza un "Ecce Homo" del 1400, appartenuto a suor Caterina Sanframondi, badessa del monastero delle clarisse di Cerreto Sannita ed un'acquasantiera con l'emblema della croce a tinte varie appartenuta a padre Domenico Bruno della compagnia di Gesù. Gli artisti cerretesi impressero nel fuoco modelli ornamentali e floreali con stile sobrio e spontaneo. Opere tipiche delle fornaci, che esistevano già nel 1600 a San Donato, contrada del casale di San Lorenzello, sono le acquasantiere a rilievo di maiolica e poi dipinte con intensi impasti di colore. Motivi dominanti nelle decorazioni sono i fiori, gli uccelli, le farfalle mentre il colore preferito è il giallo. La scuola di ceramica sannita è stata suddivisa in 5 gruppi fondamentali.
* grandi piatti casalinghi di uso comune, comunemente a smalto bianco-azzurrino e bianco-grigiastro.
* Maioliche con stemmi gentilizi; di cui un turco appartenuto ad un capitano di ventura che partecipò alla battaglia di Lepanto.
* piatti e vasi sagomati del '700 con motivi a spirale ed alberi della vita.
* Fiaschette schiacciate(fiasche libro) e mattonelle decorate con sovrapposte e vasi di farmacia dipinti di bleu.
* Acquasantiere dipinte di bleu, giallo e verde.
Le botteghe maiolicare di Cerreto Sannita furono certamente influenzate dallo stile dei "Bianchi" faentini a decorazione compendiaria. E' da rigettare l'ipotesi che le ceramiche cerretesi siano state influenzate dalle maioliche abruzzesi di Castelli, ma piuttosto dalle officine della Francia meridionale (Samadet e Montpellier) e da quelle iberiche. Per quanto riguarda l'Italia, dalla Toscana per l'analogia tra le maioliche rustiche di Cerreto Sannita e quelle fabbricate a Montelupo e a Napoli (Santa Chiara e la farmacia degli incurabili).
Un processo di decadenza comune ad altri centri meridionali minori fa sviluppare la produzione di semplice vasellame in terracotta verniciata. Ma al declino nel centro sannita di quest'arte, alla quale sono state dedicate mostre nel 1942 a Benevento ed a Venezia, nel 1955 a Roma e nel 1980 a Napoli, corrispondeva il periodo di massimo fulgore. Dalla seconda metà del '700 la produzione cerretese si indirizza verso le più eleganti e sinuose forme dettate dall'Imperante "Rococò", dopo i primi decenni del XIX secolo si ha Scuola Napoletana delle Ceramiche di Capodimonte.

a cura dell'arch. Lorenzo Morone