L'arce di Monte Acero, sita a 736 metri di quota, con la cinta fortificata delle mura megalitiche (VI sec. A.C.) è stata definita dagli studiosi uno dei più importanti esempi dell'architettura militare sannitica. Essa infatti insieme a quella di Piedimonte Matese e di Sepino costituisce la più singolare opera difensiva dell'antico Sannio. I Sanniti, fieri avversari dei Romani, seppero tenere in scacco il desiderio espansionistico di Roma, costringendola a sostenere ben tre guerre (le guerre sannitiche). Alla fine i Romani ebbero la meglio solo attraverso l'imposizione di leggi ingiuste che a poco a poco distrussero la dignità di popolo e la sua fierezza guerriera. Tra l'altro i Sanniti a differenza dei Romani non hanno avuto storici che inneggiassero alle loro vittorie o piangessero sulle loro sconfitte. Il loro modo di comunicare con i posteri è stato diverso: non hanno usato il linguaggio della scrittura, ma quello dell'architettura militare. La pietra divenuta scrittura, è da leggere come un libro di storia. A Faicchio, a parlarci dei Sanniti ci hanno pensato le possenti mura, in opera poligonale che attanagliano le pendici del monte Acero e del Monte Monaco di Gioia, (la tecnica costruttiva dei Sanniti è detta poligonale perché accostava a secco conci poligonali di non piccole dimensioni. Si tratta di massi grezzi o appena sbozzati, in pietra tufica, cavati in loco, che venivano sovrapposti l'uno sull'altro senza legante, e si connettevano in forza del loro stesso peso). La catena di muraglia sale verso le vette dei monti, descrivendo terrazze, lungo un percorso rettilineo, (che si snoda per descrive un ideale triangolo isoscele, con la base di 250 metri, l'altezza di 400 metri e un'area di cinque ettari. Ma è certo che anticamente l'area era sicuramente più vasta e raggiungeva all'incirca i 100 ettari. L'andamento complessivo delle mura poligonali poteva quindi descrivere un quadrato, con i lati lunghi circa 1 km, che sbarrava il passaggio tra il Monte Monaco e il torrente Titerno che scorre a valle) a difesa della ripida china del monte. La muraglia sale su, fino all'Arce. L'Arce (dal latino arx, arcis costituisce la parte più elevata della città, la cittadella, sinonimo di rocca) era la cittadella munita, il rifugio strategico, l'osservatorio militare da cui controllare i movimenti e i passaggi della valle. Il luogo dell'Arce sannita di Faicchio si deve identificare (in base ai rilievi fatti dagli archeologi) con il sito stesso in cui sorge la Chiesa del SS Salvatore ed il Convento di San Pasquale.
da Flavio Russo in "Trenta secoli di fortificazione in Campania"
"Sulla sommità del Monte Acero, si rileva un circuito murario lungo un perimetro irregolarmente quadrangolare, con mura costituite da grossi blocchi poligonali tendenti al rettangolare, cavati dal calcare stratificato del monte secondo i naturali punti di rottura: gli interstizi sono riempiti di pietrame minuto. La cinta, databile al IV secolo a.C., ha un perimetro di circa 3 km con un'altezza media del muro di m 3,50. Una porta si trova in un saliente sul lato meridionale, in direzione di Telesia, mentre una seconda porta è ubicata nel punto più basso della cresta, tra le due cime del monte. Si tratta di una tipica fortificazione apicale sannita che domina il medio corso del Volturno e la bassa valle del Calore, controllando in antico l'importante via di comunicazione che congiungeva Allifae a Beneventum, passando per Telesia".
IL MONUMENTO AL REDENTORE
da Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali
Voluto ed eretto sulla sommità del Monte Acero, il 30 Novembre del 1902, dalla Diocesi di Telese e Cerreto, il monumento raffigura Gesù Cristo Redentore. La statua in ghisa bronzata, dell'altezza di tre metri e del peso di 16 quintali, poggia su basamento tronco-piramidale in pietra a vista squadrata. Quest'ultimo presenta sui lati rispettivamente una lapide con stemma vescovile ed una piccola edicola con arco a sesto acuto. La statua, crollata al suolo nel 1974, è stata rimessa nella sua posizione originaria ma poggiata su di un cubo realizzato in cemento armato.
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