MADRE SERAFINA, LA "SUORA CORAGGIO" La Chiesa del Carmine è annessa alla Casa Madre delle Suore degli Angeli, ordine istituito da Madre Serafina Micheli. Suor Maria Serafina, che all'anagrafe si chiamava Clotilde Micheli, nacque a Imèr (Trento) l'11 settembre 1849 da Domenico e da Anna Maria Orsingher. Il lieto evento si verificò di martedì, giorno sacro agli angeli per devozione popolare. La piccola Clotilde fu battezzata, il giorno successivo alla nascita, nella Chiesa dei SS.Pietro e Paolo. A 10 anni, probabilmente nell'imminenza della Pasqua, fece la prima Comunione e nell'agosto dello stesso anno, il 1859, ricevette il Sacramento della Confermazione. Sin da piccola Clotilde fu protesa alla ricerca del Signore, infatti digiunava continuamente e spesso otteneva dalla mamma il permesso di passare notti intere in Chiesa. Ogni anno, inoltre, era sua abitudine rimanere genuflessa in Chiesa dal giovedì Santo alla domenica di Resurrezione, ritornando a casa solo per qualche quarto d'ora. Parlava spesso di pazienza, di fiducia e di generosità ai fratelli e alle sorelle, insegnando loro a non cercare di essere ammirati ma a lavorare in silenzio e a fare sempre sul serio, senza lasciarsi mai abbattere. Nel 1867, all'età di 18 anni, si verificò uno degli avvenimenti più importanti della vita di Clotilde. Nella Chiesa parrocchiale di Imèr, infatti, il 2 agosto la Vergine Immacolata, circondata da un immenso stuolo di Angeli, apparve a Clotilde manifestandole la volontà di fondare un nuovo Istituto di Suore, intitolato agli Angeli. La Madonna le illustrò le finalità della nuova famiglia religiosa proferendo queste parole : "Come gli Angeli sono in continua adorazione e contemplazione della Triade Sacrosanta, così il Signore desidera che anche sulla terra si fondi una Congregazione di anime elette, che si uniscano agli Angeli, per lodare e benedire Iddio nelle Tre Auguste Persone della SS. Trinità e che quali Angeli sulla terra, vivano in continua unione agli Angeli stessi". La Vergine, inoltre, spiegò che la divisa doveva essere blu, bianca e rossa. Colori che simboleggiano rispettivamente il Padre Celeste, il Divin Figlio e lo Spirito Santo. Concludendo aggiunse che le colonne dell'Istituto dovevano essere S. Pietro Apostolo, S. Luigi Gonzaga, S. Francesco d'Assisi e Santa Teresa di Gesù. Da questa apparizione ha inizio per la giovane Clotilde un lungo periodo di travaglio interiore e di oscure incertezze. Su consiglio di Costanza Piazza, pia e devota signora del paese, Clotilde decise di incontrare il cardinale di Venezia Domenico Agostini, il quale sicuramente avrebbe potuto interpretare le visioni e quindi dare suggerimenti sulla fondazione. Clotilde rimase quaranta giorni a Venezia ma nonostante la conferma da parte del Cardinale che si trattava di un dono del Signore e che quindi non bisognava ostacolare l'opera da Lui voluta, Clotilde colpita da un dubbio prepotente ed improvviso distrusse le lettere commendatizie del Cardinale e il diario personale dei quaranta giorni passati a Venezia. La signora Piazza addolorata per l'accaduto le consigliò di recarsi a Padova per consultarsi con il monsignor Angelo Piacentini. Il buon canonico intuì felicemente quale anima gli avesse mandato il Signore e la volle in casa sua per rendere più facile la realizzazione dell'opera da Lui voluta. Siccome erano trascorsi due anni da quando Clotilde si era incontrata per la prima volta con monsignor Piacentini e ancora non aveva messo mano all'opera per la quale Dio l'aveva chiamata, il generoso canonico pensò di offrirle una possibilità: lasciare libero il palazzo di sua proprietà nel quale abitavano e provvedere i mezzi necessari perché desse inizio a quanto il signore voleva. Clotilde però non volle accettare e lo stesso fece quando l'anno dopo, il 1870, una pia signora vecchia e senza figli, era disposta a cederle lo stabilimento termale la sua grande casa e tutti i suoi beni chiedendo solo di essere assistita sino alla morte. In realtà Clotilde, racconta la sorella Fortunata, si riteneva "incapace ed inabile ad essere a capo di un'opera così grande e sublime". Successivamente fu raggiunta a Padova da due sorelle: prima da Fortunata e poi da Oliva. Nel novembre del 1876 le sorelle Micheli e la signorina Giulia Bragadin, una contessa conosciuta a Padova, si recarono a Castello Lavezzo dove uno zio della contessa, don Gerolamo Barbi, metteva a loro disposizione un monastero per dare inizio alla fondazione. La direzione fu affidata alla contessa ma le cose anche in questa occasione non andarono per il verso giusto. Per oltre un anno Clotilde, Fortunata e Oliva vissero nel sacrificio e nella sofferenza ricevendo cibo pessimo e insufficiente e cosa ancora peggiore Clotilde doveva assolutamente stare alle dipendenze della contessa senza aver nessun contatto con le altre due sorelle. Una sera di febbraio, però, giunse notizia che la mamma della contessa stava molto male. La Bragadin, allora, obbligò Clotilde non solo ad accompagnarla ma a rimanere con lei a Padova anche dopo la morte della madre. Anzi, fatto ancora più clamoroso, la contessa propose a Clotilde di sposare suo fratello. Clotilde che non si sarebbe mai aspettato una proposta del genere abbandonò Padova e si recò a Epfendorf in Germania dove erano emigrati i suoi genitori. In Germania Clotilde lavorò nell'ospedale delle Suore Elisabbettine e vi operò con costanza e dedizione. La permanenza nell'ospedale fu lunga ma anche in quest'occasione rifiutò di accettare una discreta quantità di beni che la Vicaria le metteva a disposizione per portare a termine il suo compito. A distanza di pochi mesi morirono prima la sorella Oliva e poi la mamma e tre anni dopo, nel 1885, venne a mancare anche il padre. Dopo aver fatto ritorno a Imèr, in compagnia della nipote Giuditta, Clotilde decise di andare a Roma dove giunsero dopo tre mesi e mezzo di lungo cammino. Dopo aver visitato San Pietro presero alloggio presso le Suore Immacolatine per la verità però non ci sono notizie circa incontri con prelati o religiosi che potessero aiutarla nella fondazione e neppure di un incontro col Papa. Le Immacolatine presso le quali era ospite la persuasero a prolungare il suo soggiorno a Roma accarezzando la speranza di poterla indurre a farsi religiosa da loro. La Micheli accettò volentieri di rimanere ancora ma non esitò a manifestare alla Superiora e Fondatrice, Madre Maria Fabbiani, la missione che aveva da compiere e che in ogni caso ogni decisione sarebbe dipesa dal suo confessore. Con il responso favorevole del confessore, pertanto, Clotilde decise di vestire l'abito delle Immacolatine con la promessa da parte della Superiora però che qualora si fosse manifestata la volontà di Dio circa la nuova fondazione l'avrebbe lasciata libera. Da allora Clotilde si chiamò Suor Annunziata e fu mandata in qualità di superiora nella piccola casa di Sgurgola di Anagni. Ma ancora una volta la solita "Voce" si fece sentire per invitarla ancora una volta a dare inizio all'opera. Di li a poco giunse a Clotilde un invito da parte di padre Francesco Fusco (frate francescano che Clotilde aveva incontrato a Roma) a raggiungere subito Piedimonte d'Alife dove l'aspettava il Signore. Ottenuto il permesso di partire Clotilde raggiunse Alife nel settembre 1890 dove il vescovo, monsignor Scotto, aveva in mente di dar vita ad un nuovo istituto religioso. Ottenuto l'esonero da ogni impegno con la Congregazione delle Immacolatine, Clotilde diede le dimissioni del suo ufficio e chiese di essere lasciata libera per la sua opera. Pertanto il 27 gennaio 1891 ,nonostante le numerose critiche, con la benedizione del suo confessore lasciò per sempre Sgurgola. Accadde però che, mentre Clotilde aveva in mente una fondazione tutta nuova, Scotto pensava ad un tipo di congregazione sullo stile delle clarisse mitigate. Ci fu quindi una rottura anche con Scotto che ebbe come conseguenza il trasferimento di Clotilde prima a Caserta e poi a Casolla nella casa ampia e comoda che il dottor Marcellino Piazza e la sua famiglia vollero dividere con loro e dove il 28 giugno 1891 nacque finalmente l'Istituto delle Suore degli Angeli. In uno dei tanti colloqui con Teresa Piazza, infatti, Clotilde manifestò il vero motivo del suo distacco dalle Immacolatine e fu cosi che su interessamento ancora di padre Fusco e dello stesso dottor Piazza si riuscirono ad avere dal vescovo tutte le autorizzazioni necessarie per la fondazione, che coincise con la vestizione delle prime suore e che eccezionalmente avvenne in una casa privata. Infatti il rito fu celebrato in casa dei coniugi Petriccione a Briano di Caserta, su un altare provvisorio e non nell'oratorio. Le giovani scelte dal signore furono Clotilde Micheli, Concetta Massari, Luisa e Rosa Piazza e Filomena Scaringi che rivestite dell'abito religioso si rialzarono con il nome di Suor Maria Serafina, Suor Maria Immacolata, Suor Maria Margherita, Suor Maria Rosa e Suor Maria Caterina. Fino al 1904 le Suore degli Angeli non ebbero delle vere costituzioni ma si regolarono secondo lo spirito della Fondatrice che valorizzando le esperienze passate e chiedendo pareri a gente equilibrata vegliava sulle sue figlie. In particolare la Fondatrice diceva che "per fare Comunità di Suore dai temperamenti diversi, un giardino bello, è assolutamente necessario osservare tre cose : dimenticare i propri gusti; rinunziare alle concezioni personali; guidare le anime non sulla propria strada ma su quella che il Signore ha fissato per ciascuna. Suor Maria Serafina a dire il vero non voleva essere chiamata Fondatrice. "La vera fondatrice- diceva sempre- è la Madonna Immacolata". La religiosa d'altra parte introdusse anche la pia usanza tra le sue fgliole di rispondere "Ave Maria" ogni qualvolta venissero chiamate o si bussasse alla loro porta. A due anni appena dalla fondazione, il primo maggio 1893, due suore da Casolla si trasferirono a S. Maria Capua Vetere per assistere un gruppo di orfani, inoltre le vocazioni si moltiplicavano e Casolla non era più sufficiente. L'opera aveva bisogno di spazio e la provvidenza dispose per l'apertura nel 1894 di un'altra casa a Belluno, l'anno dopo invece fu la volta di Pieve di Cadore. Il 2 gennaio 1899 fu aperta ufficialmente la casa di Faicchio quindi negli anni successivi si aggiunsero quelle di Roma, di Tuoro (Caserta) di Levico a 20 km da Trento, di Teano, di Napoli. di Limosano (Campobasso) e di Pignataro Maggiore. Faicchio però occupa un posto particolare nel cuore e nella mente delle Suore degli Angeli : è la Porziuncola di Suor Serafina. La storia della casa di Faicchio inizia materialmente con la costruzione, nel 1709, della Chiesa e del convento dei Carmelitani. Appena la Fondatrice seppe che la congregazione di Carità era disposta a disfarsene, perché oramai il convento era ridotto in pessime condizioni, corse a Faicchio e raggiunto un accordo con il presidente della congregazione venne aperto un asilo con annessa scuola di lavoro per ragazze. Successivamente con l'acquisto definitivo del convento, a Faicchio fu trasferita la Casa Madre e il Noviziato. A Faicchio la vita della Fondatrice fu un continuo slancio d'amore, infatti fu quello il luogo dove vennero curati i germi della vocazione e vennero messe le basi di quella formazione a cui attenderanno le religiose con crescente amore per tutta la vita per essere sempre del Signore. Faicchio fu però anche il luogo della morte di Madre Serafina. Malata di tumore la Madre era già stata operata nel 1895 e da quel momento cuore e stomaco le dettero seri problemi successivamente però ammalatasi anche di nefrite i mali si moltiplicarono. Pochi giorni prima di morire volle ricevere con solennità i Sacramenti, chiese una volta ancora perdono, rinnovò i voti e si immerse in preghiera. Gli angeli portarono la sua anima gloriosa in Paradiso il 24 marzo 1911. Vestita degli abiti santi e fu esposta nella camera ardente per dare la possibilità a tutti, anche al popolo di venerare e baciare la salma benedetta . La sera della domenica fu deposta in una duplice cassa di zinco e di legno e quindi il giorno successivo ebbero luogo i funerali. Il 28 marzo la bara scese nel sepolcro alla presenza delle suore che ebbero cura di mettere prudentemente nella cassa di zinco una breve memoria della cara estinta in una bottiglia di vetro suggellata. Trascorsi due anni sotto terra la preziosa cassa fu dissepolta e quindi chiusa in una nicchia a muro. Avvenuta nel 1936 l'approvazione definitiva dell'istituto fondato dalla Venerata Madre Serafina si cominciò a carezzare l'idea di trasferirne i resti mortali nella Chiesa annessa alla casa madre. Si iniziarono pertanto le pratiche occorrenti e il 28 agosto 1939 si procedette alla esumazione e ricognizione della salma benedetta. Aperta la cassa furono rinvenute le ossa della Venerata Madre qualche pezzo di stoffa molto deteriorata e pezzi di corone e coralli. Le ossa furono deposte in una piccola cassa di zinco foderata all'interno di seta bianca. La mattina del 30 agosto un numeroso corteo composto di sacerdoti, frati, congreghe, associazioni, autorità dalle novizie e da circa 140 suore si avviò processionalmente al Cimitero. Al ritorno la cassa rimase aperta sino a sera quando il sarcofago venne definitivamente chiuso in attesa di essere riaperto per la ricognizione d'uso quando al Signore piacerà innalzare agli onori degli altari la sua fedele Serva coronandola dell'aureola della santità. Il processo di canonizzazione è infatti in corso e dal marzo 1992 è Serva di Dio. |
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