Ricostruita in soli otto anni, dopo il terremoto che il 5 giugno 1688 rase al suolo il vecchio sito medievale e molti paesi vicini, Cerreto è il risultato di un progetto tanto ardito quanto semplice: una città aperta, senza mura, con un impianto urbanistico svincolato dalla centralità del castello e\o della Chiesa: una
CITTA’ PENSATA.
Mentre altrove, infatti, si ricostruì un po’ alla volta avendo in testa il paese distrutto, populisticamente “com’era e dov’era”, a Cerreto uomini lungimiranti, il Conte M. Carafa ed il Vescovo G.B. de Bellis, decisero che bisognava imboccare una strada nuova. Fu chiamato un architetto, il “regio ingegnero” G.B.Manni, il quale progettò, ed era la prima volta nell’Italia centro-meridionale, il futuro paese che, solo otto anni dopo il sisma, era in gran parte realizzato ed è quello che oggi si vede, ricco di monumenti, di musei, di scorci suggestivi.
E se innovativo, rivoluzionario, fu il colto impianto urbanistico, contraddittoria fu invece l’architettura prodotta dal contemporaneo manifestarsi di due diverse concezioni formali: quella tardo-medioevale e/o Rinascimentale, ben visibile nei pesanti blocchi di pietra calcarea, perfettamente lavorati dagli scalpellini locali, dovuta sia alla memoria delle costruzioni di Cerreto Vecchia che alla paura del sisma, e le fantasiose ed aeree composizioni in stucco, tipiche del barocco, che le inquadrano con sorprendente novità, dovute alle colte maestranze napoletane convenute a Cerreto per la ricostruzione. La contamínatio è evidente anche nell’armonica disposizione delle aperture: ad architrave per il piano terra ed il primo piano, ad arco per il secondo.
L’incontro tra scuole diverse produsse anche la splendida “CERAMICA CERRETESE” che riproponeva modelli e tipologie partenopee, ma con un nuovo , dissonante ed esuberante cromatismo,
dal gusto naturalistico, con svelte e nervose immagini animalistiche, dal sapore NAIF, che fanno ricordare il rapporto uomo-animale delle antiche civiltà venatorie: il LEONE RAMPANTE spesso usato come decoro fu un omaggio dei ceramisti ai Carafa. Una città aperta, senza mura, progettata dopo gli studi dei grandi geni del Rinascimento sulla ClTTA’ IDEALE, dopo l’esperienza di Pienza, la città di Pio II progettata dall’arch. Rossellino. Una città fortemente somigliante all’impianto urbanistico di Sabbioneta, la città fondata nel 1558 da V. Gonzaga Colonna, Cavaliere del Toson d’Oro, come Marzio Carafa, ed al centro storico di Torino, dopo gli interventi dell’arch. A. Vitozzi del 1600. Da qui l’appellativo di “PICCOLA TORINO”.
Non più, dunque, il centro medievale arroccato attorno al castello e/o alla Chiesa, come le altrettanto splendide Cusano Mutri e Guardia Sanframondi, ma un impianto urbanistico unico, progettato cinque anni prima di Noto e Grammichele, la città “stellare” voluta da un altro Carafa:il principe Carlo Maria.con disegno del frate-architetto Michele da Ferla.
Cerreto, affacciata come da un alto balcone sulla verdissima valle del Titerno, offre piazze e viali lungo i quali si incontrano severe facciate tardo-barocche di rara finezza, con alcune emergenze monumentali di singolare pregio, gioielli di un settecento napoletano che ancora inseguiva un ideale equilibrio fra ornamento e funzione, di vera e nobilissima modernità.
Lorenzo MoroneUna passeggiata nella storia: 33 TAPPE ATTRAVERSO L’ARTE LA CULTURA E IL TERRITORIO DI UNA CITTA’ UNICA